Ho fatto l’illustratore per libri e giornali durante buona parte della mia vita e ho cominciato a dipingere abbastanza tardi.
Mi aveva sempre intimorito il confronto con i grandi della storia dell’arte e mi disorientava quasi tutto il panorama dell’avanguardia artistica contemporanea, dove pareva che non ci fosse più posto per la pittura e per la figurazione in particolare.
Forse, se avessi frequentato l’ambiente artistico di qualche accademia negli anni giovanili in cui ci si forma, avrei scelto di esprimermi con uno dei linguaggi che vi si sperimentavano. Ma così non è stato: ho scelto l’illustrazione, dove mi sentivo al riparo dalla furia sperimentalista e dove anche ero in pace con la mia storia di ex militante sessantottino, dal momento che lavoravo per la carta stampata destinata al vasto pubblico e non per i pochi privilegiati che frequentano le gallerie.
Non avevo nemmeno bisogno di pensarmi artista e cioè qualcuno votato a esprimere a tutti i costi la profondità dell’anima sua.
Finii però per dovermi confessare proprio questo: l’illustrazione (per lo meno quella che a me capitava di praticare) non mi permetteva di esprimere, se non in modo assolutamente parziale e intermittente, la mia vena poetica profonda, che per l’appunto era proprio quello che volevo e dovevo fare in questa mia vita.
Fu così che cominciai a dipingere. Con i colori a olio su tela: una pittura vagamente imparentata con la Metafisica e il Surrealismo, ma, allo stesso tempo, molto lontana da entrambe.
Una pittura che si nutre di immagini in cui diviene labile il confine tra la memoria e il sogno e che fa costantemente ritorno alla classicità e al mito mediterraneo.
Evoca spazi architettonici che fanno da contrappunto a una natura vitale e misteriosa di acque marine, alberi giganteschi e foreste.
Le architetture ubbidiscono quasi sempre a una misura classica, a volte solo ricordata per accenni o imitata, come nelle dimore della villeggiatura al mare di una volta. Esse sono il luogo della memoria personale, dell’infanzia, del riparo intimo, della luce accesa nella stanza calda, mentre fuori la tenebra incombe.
Ma sono spesso anche il luogo dove aleggia il desiderio, nelle forme di un’antica statua di Afrodite o in quelle di una donna in carne ed ossa.
Oltre lo spazio che mura, balaustre e finestre delimitano, si aprono selvagge distese di spiagge e di mare, di rocce, di alberi e colline ricoperte di macchia, territori di una memoria molto più antica, smisurata e profonda in cui siamo stati alghe, alberi e nuvole, pesci, cani e scimpanzé.
Tra la presenza della natura, infine, e le architetture che la limitano, offrendola allo sguardo, si avverte forse la nostalgia della bellezza che ha lungamente abitato il mondo incontrastata e che ancora lo abita, emanando dai luminosi orizzonti dell’anima.
I colori a olio sulla tela consentono di lavorare con intensa lentezza, ubbidendo alla necessità che la pittura ha di venire alla luce e compiersi secondo la sua propria interna ragione.
Illustrazioni: www.ceccomarinielloillustratore.com